La Semplificazione nella nostra era è diventata un modo di vivere, una necessità, quasi un’esigenza, ma spesso diventa un’inganno.
“Ho visto un avvocato su Instagram dire che…”
Quante volte ho sentito questa frase dai clienti negli ultimi anni? Innumerevoli. È ormai diventata un refrain comune, soprattutto da quando i social media sono entrati a far parte della nostra vita quotidiana, offrendo a chiunque uno spazio per condividere pensieri, consigli o, apparentemente, “pillole di saggezza legale”. Basta un minuto di video su TikTok o un post su Instagram per far sembrare semplice ciò che, in realtà, è complesso e stratificato: il diritto.
E non mi sorprende che per molti sia difficile distinguere tra ciò che è informativo, o pubblicitario e ciò che è fuorviante. In un’epoca dove l’attenzione si misura in secondi, i contenuti “rapidi” catturano facilmente l’interesse. Ma il problema è che il diritto, per sua natura, non può essere condensato in poche righe o in un breve video. Non si presta alla semplificazione.
La realtà è che il diritto non è un meme. Non è una frase spiritosa, una massima semplificata o una ricetta pronta all’uso. È un insieme complesso di norme, interpretazioni, eccezioni, e contesti specifici che richiedono studio, analisi e applicazione personalizzata.
La legge muore nel momento in cui viene scritta, questo perché è impossibile sintetizzare la complessità dei rapporti sociali, dei fatti della vita, delle evoluzioni civiche e sociali, le quali sono sempre più rapide e improvvise, nonostante la reticenza della politica e la volontà per ragioni elettorali di restare legati a radici ormai morenti. In questo scenario, fatto di una politica banale e real quasi istantanei, il diritto, che è una scienza, viene sminuito e semplificato e questo crea uno scenario che sconvolge i clienti quando si trovano ad entrare nelle dinamiche giuridiche.
Il Fascino della Semplificazione.
Partiamo da due massime: “Non esiste solo il bianco e il nero” e “In guerra l’unico obiettivo della controparte è ostacolare i tuoi piani”.
Viviamo in un’epoca di soluzioni veloci. Se vogliamo imparare a cucinare una pasta alla carbonara, cerchiamo un video di un minuto che ci spiega come farlo. Se abbiamo un problema tecnico con il nostro computer, troviamo un tutorial rapido su YouTube. E se abbiamo un dubbio legale… beh, molti pensano che sia lo stesso.
L’idea che una questione legale possa essere risolta in pochi clic o con un breve video è una tentazione a cui tanti cedono, perché rispecchia il bisogno di immediatezza. Non è colpa dei clienti, ovviamente. È naturale volere risposte veloci, soprattutto quando si è di fronte a situazioni che possono essere fonte di stress o preoccupazione, o spese. Ma è proprio qui che nasce l’equivoco.
Il diritto, per natura, non è una materia che si presta a semplificazioni. Ogni caso è diverso dall’altro, anche se all’apparenza può sembrare simile. Le leggi cambiano, vengono interpretate diversamente a seconda del contesto, e spesso due situazioni apparentemente identiche possono richiedere soluzioni completamente diverse, basta un minimo e all’apparenza insignificante dettaglio.
Ricordando che in una causa giudiziale, così come in una battaglia, l’unico obiettivo della controparte è contrastarci. Così come Napoleone diceva “On s’engage, et puis on voit”, che si traduce in “Si comincia, e poi si vede”. Una causa legale si studia, si prepara, si ristudia, ci si spendono ore e giorni, ma la certezza non esiste.
Quando il Diritto Diventa un Gioco.
Un recente video su TikTok che ho visto riassumeva una questione complessa di diritto del lavoro in pochi secondi, con tanto di musica di sottofondo e scritte colorate. Il messaggio era chiaro: “Ecco cosa devi fare se vieni licenziato ingiustamente”. Le soluzioni offerte erano sbrigative, dirette, ma completamente scollegate dalla realtà giuridica o fattuale. L’autore del video non solo sorvolava su dettagli fondamentali, come i termini per impugnare il licenziamento o le differenze tra le innumerevoli cause di licenziamento, ma lasciava intendere che esistesse una formula magica per risolvere la questione. Una illusione di semplificazione.
Non fraintendermi, so bene che i social media sono un mezzo potente per raggiungere un ampio pubblico, e ci sono avvocati che fanno un lavoro eccezionale nel divulgare informazioni corrette, fornendo chiarimenti utili e precisi, anche se necessariamente veloci. Ma ciò che preoccupa è l’idea che si possa ridurre la complessità della legge o dei fatti umani e sociali a una serie di “trucchi”, come se il diritto fosse un gioco da affrontare con una serie di mosse predeterminate.
La Realtà Dietro un Caso Legale.
Vorrei che i miei clienti, e chiunque si rivolga a un avvocato, comprendessero una cosa essenziale: il diritto è su misura. Esattamente come un abito sartoriale, ogni consiglio legale deve essere cucito addosso alla persona e alla sua specifica situazione.
Quando un cliente si rivolge a me per una consulenza, la prima cosa che faccio è raccogliere informazioni. Devo conoscere i dettagli, il contesto, le circostanze. Nulla può essere lasciato al caso. Anche la più piccola sfumatura può fare la differenza tra un esito positivo e uno negativo.
Prendiamo, ad esempio, la tanto discussa questione dei contratti online. Sui social media si trovano moltissimi modelli di contratto “preconfezionati” che promettono di risolvere qualunque problema in modo semplice e veloce, che promettono di semplificare; come le sirene d’Ulisse. Eppure, nella mia esperienza, raramente ho visto un contratto “standard” che funzionasse per tutti. Ogni contratto deve essere personalizzato in base alle necessità specifiche delle parti coinvolte, agli accordi raggiunti e, soprattutto, alle leggi applicabili. Usare un modello generico spesso significa trascurare aspetti cruciali che potrebbero portare a problemi legali in futuro. Per esempio se affitti una casa ammobiliata, cosa devi inserirci nel contratto? E se i mobili sono già vecchi e sul punto di rottura?
Perché il Diritto Non Può Essere Semplificato.
La verità è che il diritto non è fatto per la semplificazione. Il percorso di studi dura anni e anche questo non è abbastanza, perché se dopo gli studi non si intraprende una pratica formativa intensa e completa non si riuscirà comunque a gestire la complessità del diritto, della giurisprudenza e della procedura, tre entità distinte che devono essere maneggiate insieme. Ed infatti il percorso formativo deve continuare anche dopo la pratica, dopo essere diventato un avvocato, non ci si può mai fermare, perché il diritto è in continua evoluzione, perché il diritto insegue la società, si adegua ad essa, si adatta alle mutate circostanza anche in assenza della legge, e, così, spesso la spinge ad evolversi. Perché esistono così tante sentenze della Cassazione contrastanti? Perché due giudici all’apparenza simili giungono a conclusioni differenti? Ogni volta che mi trovo di fronte a una nuova sfida legale, devo considerare molti fattori: la giurisprudenza, le nuove normative, i regolamenti specifici e persino le peculiarità locali, così come le recenti evoluzioni sociali e comunitarie.
Certo, esistono situazioni in cui le risposte legali sono relativamente semplici, ma queste sono l’eccezione, non la regola. La maggior parte dei casi richiede un’analisi approfondita e una consulenza professionale basata su un’approfondita conoscenza del quadro giuridico.
Cinque separazioni praticamente uguali, marito, moglie e figli, casa di proprietà, hanno necessitato di cinque procedimenti completamente diversi. Basta un minimo dettaglio per rendere una fattispecie tipica, atipica, per rendere una semplificazione un disastro. Ed invero le fattispecie tipiche si trovano solo sui libri di testo. Quanto studiato all’università è solo il fondamento di strutture complesse in costante evoluzione.