Nel mondo digitale contemporaneo, la promessa di controllo sui propri contenuti è più fragile di quanto si possa pensare. Chi crea e condivide materiale online, anche su piattaforme protette come OnlyFans, si trova spesso ad affrontare una dura realtà. La prima è l’insicurezza della privacy e della tutela dei contenuti e la seconda è:
una volta pubblicato qualcosa su Internet, eliminarlo completamente può rivelarsi quasi impossibile.
Ed, infatti, data la complessità di internet e i milioni di modi esistenti o che verranno inventati per aggirare le restizioni, è solo sulla consapevolezza che si dovrebbe agire per la prevenzione.
La dubbia sicurezza del “paywall”
OnlyFans, per esempio, basa la sua struttura commerciale su un sistema di abbonamenti: i contenuti sono accessibili solo agli utenti paganti. Questa barriera economica viene spesso percepita come una protezione efficace, un argine contro la diffusione incontrollata. Tuttavia, nella pratica, la facilità tecnica con cui si possono effettuare screenshot, registrazioni schermo o download abusivi fa insorgere dubbi sulla sua reale efficacia.
Una volta che un’immagine o un video sfugge al controllo iniziale e viene diffuso su altre piattaforme, l’autore si trova immerso in un labirinto giuridico difficile da percorrere. Anche invocando, per mero esempio, il diritto all’oblio, sancito dall’art. 17 GDPR, o il diritto garantito dal GDPR alla cancellazione dei propri dati, non si ottiene una garanzia piena: se è vero che si può ottenere la cancellazione da motori di ricerca e singole piattaforme che ospitano il contenuto, nulla può assicurare la rimozione universale, specie su server esteri o su piattaforme clandestine, o su personal computer. La certezza della sparizione totale dei dati è un’illusione.
Cosa succede su OnlyFans in caso di cancellazione dell’account?
I Termini di Servizio di OnlyFans prevedono che, cancellando l’account, i contenuti vengano rimossi dalla piattaforma. Tuttavia, la società si riserva di mantenere copie residue per adempiere a obblighi legali, ad esempio in caso di contenziosi o indagini. Correttamente.
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OnlyFans e la responsabilità come hosting provider: uno status in evoluzione
Per fare ipotesi sul regime di responsabilità di OnlyFans, è essenziale partire da un inquadramento tecnico-giuridico della figura dell’hosting provider.
Cosa significa essere un hosting provider passivo?
Ai sensi della Direttiva e-Commerce 2000/31/CE (recepita in Italia con il D.Lgs. 70/2003, art. 16), un hosting provider è colui che ospita contenuti generati da terzi, senza modificarli né promuoverli.
In questa configurazione “passiva”, il provider non esercita un controllo preventivo sui dati caricati dagli utenti, limitandosi a fornire uno spazio digitale neutro.
La responsabilità del provider, quindi, è esclusa a condizione che:
- Non sia a conoscenza di attività o informazioni illecite.
- Agisca rapidamente per rimuovere o disabilitare l’accesso ai contenuti illeciti non appena ne venga a conoscenza (“notice and take down”).
Il presupposto di fondo di questa normativa è proteggere la libertà di iniziativa economica online, evitando che gli operatori vengano gravati da un obbligo generale di sorveglianza — principio confermato più volte anche dalla Corte di Giustizia UE (es. sentenze SABAM e L’Oréal v. eBay).
In questa cornice piattaforme che si limitano a ospitare contenuti generati dagli utenti, si considerano tradizionalmente hosting provider passivi.
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Come sta cambiando il quadro normativo?
Con l’adozione del Digital Services Act (DSA – Regolamento UE 2022/2065), il concetto di neutralità tecnica si è progressivamente evoluto.
Il DSA introduce, in particolare:
- Obblighi di diligenza rafforzata (“due diligence”) per tutte le piattaforme online.
- Obblighi di trasparenza su algoritmi e moderazione dei contenuti.
- Obblighi di intervento rapido contro i contenuti illegali.
- Misure di mitigazione del rischio per le piattaforme con oltre 45 milioni di utenti nell’UE (Very Large Online Platforms – VLOP).
Anche per realtà di dimensioni inferiori il DSA impone standard più elevati nella gestione delle segnalazioni e nell’adozione di strumenti tecnologici idonei a prevenire abusi (es. filtri anti-upload di contenuti notoriamente illeciti).
Quando una piattaforma potrebbe essere chiamata a rispondere?
In base al quadro normativo attuale e alle evoluzioni in corso, possiamo individuare alcune ipotesi principali:
- Omessa rimozione tempestiva dopo segnalazione (Notice and Take Down)
Se un utente segnala la diffusione illecita di propri contenuti (es. screenshot abusivi di materiale protetto) e la piattaforma non interviene prontamente per la rimozione, provocando di conseguenza dei danni, allora si potrebbe configurare una responsabilità. Ovvero, se una piattaforma non mette a disposizione procedure efficaci di reclamo, si potrebbe profilare una responsabilità civile per danno ingiusto (art. 2043 c.c.), basata su negligenza nella gestione della piattaforma.
- Inadeguatezza dei sistemi di protezione (Obbligo di Due Diligence)
Il DSA impone alle piattaforme di Implementare sistemi tecnici adeguati per prevenire la circolazione di contenuti illeciti e Dimostrare di aver adottato tutte le misure ragionevolmente possibili per ridurre i rischi.
Se una piattaforma omettesse di introdurre strumenti tecnologici di protezione minimi (ad esempio: watermark dinamici, blocco automatico degli screenshot, sistemi di riconoscimento dei contenuti caricati illecitamente), potrebbe configurarsi una responsabilità per violazione degli obblighi di diligenza professionale.
Carenza di sistemi di segnalazione e reclamo accessibili
Il DSA prevede che le piattaforme offrano:
- Canali facili, intuitivi e rapidi per segnalare contenuti illeciti;
- Tempi certi di risposta;
- Meccanismi di impugnazione delle decisioni di moderazione.
Una piattaforma che rendesse difficile o farraginosa la segnalazione degli abusi potrebbe essere ritenuta corresponsabile per i danni subiti dagli utenti lesi.
Uno status sotto pressione
Sebbene molte di queste piattaforme si configurino oggi formalmente come un hosting provider passive, il diritto europeo sta spingendo verso una responsabilità più attiva e preventiva delle piattaforme digitali. Il principio cardine “senza conoscenza, senza responsabilità” è destinato a sopravvivere solo nella misura in cui il provider dimostri di avere adottato sistemi efficaci e proporzionati per prevenire e contrastare la diffusione di contenuti illeciti.
Nel contesto della protezione dei contenuti intimi e sensibili, questo mutamento si tradurrà, sempre più spesso, in una maggiore esposizione giuridica delle piattaforme, chiamate a non essere più meri “contenitori neutrali”, ma attori responsabili nella salvaguardia dei diritti fondamentali degli utenti.
Esempi concreti e giurisprudenza
Il tema è ancora giovane, ma si registrano segnali interessanti:
- In Francia, dopo i noti casi di diffusione illecita di contenuti erotici tramite Telegram, si è aperto un filone giurisprudenziale volto a rafforzare la responsabilità delle piattaforme, imponendo misure preventive più stringenti.
- La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ribadito in diverse occasioni (sentenze Scarlet Extended 2011 e SABAM 2012) che non si può imporre un obbligo di sorveglianza generale ai provider, ma i nuovi regolamenti europei stanno gradualmente scardinando questo principio.
Ma Cancellare contenuti da Internet è davvero possibile?
La cancellazione di contenuti da Internet, anche dopo l’esercizio del diritto all’oblio o la chiusura di un account su piattaforme come OnlyFans, si scontra con limiti pratici e tecnici difficilmente superabili.
Cancellazione dalla piattaforma di origine
Su piattaforme regolamentate (come OnlyFans, Facebook, Instagram), i contenuti possono essere eliminati su richiesta dell’utente o in applicazione di obblighi legali. Tuttavia, i Termini di Servizio di molte piattaforme prevedono che copie residue possano essere conservate per obblighi di legge, backup di sicurezza o difesa da azioni legali. E questo è concesso dalla legge ed è ovvio, ma in generale, alcune piattaforme possono condividere dati per finalità commerciali, secondo quanto consentito dalle rispettive privacy policy. Tuttavia, il tracciamento delle eventuali successive diffusioni dei dati resta estremamente complesso e difficilmente garantibile.
Problema della replicazione incontrollata
Una volta che un contenuto è stato scaricato, screenshottato o condiviso da terzi, si diffonde potenzialmente su piattaforme non regolamentate. Può essere ricaricato su siti esteri o server offshore e così diventa estremamente difficile da rintracciare e rimuovere integralmente.
La replicazione dei dati in ambienti non controllabili rende, di fatto, impossibile garantire una “sparizione totale” dei contenuti.
È possibile chiedere la deindicizzazione di pagine web che violano diritti personali, agendo tramite strumenti come il “Modulo di rimozione per motivi legali” di Google.
Tuttavia, la deindicizzazione non cancella il contenuto dal server originario: lo rende solo meno visibile
Il diritto all’oblio, riconosciuto dal GDPR (art. 17) e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (caso “Google Spain” C-131/12), offre una tutela effettiva, ma relativa. Infatti, opera primariamente sui motori di ricerca e sui principali social, ma non può estendersi a ogni riproduzione materiale dispersa su Internet.
Cancellare completamente un contenuto dalla rete è, nella maggior parte dei casi, impossibile. È invece possibile mitigare la diffusione agendo su:
- Piattaforme principali (rimozione diretta),
- Motori di ricerca (deindicizzazione),
- Hosting provider responsabili.
Un’azione rapida, tecnica e legale mirata può limitare fortemente l’impatto, ma non azzerarlo.
Una tutela ancora imperfetta
In definitiva, caricare contenuti su piattaforme come OnlyFans implica una cessione, seppur parziale e regolamentata, del controllo effettivo sui materiali pubblicati.
La responsabilità della piattaforma resta limitata oggi, ma domani — con l’implementazione piena del Digital Services Act — potrebbe allargarsi sensibilmente. Per i creator, la consapevolezza di questi rischi è il primo passo per esercitare un uso più prudente e strategico delle piattaforme digitali.
Ed, infatti, data la complessità di internet e i milioni di modi esistenti o che verranno inventati per aggirare le restizioni, è proprio sulla consapevolezza che si dovrebbe agire per la prevenzione.
La Complessa Realtà Legale degli Account Personali
Normativa europea:
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico nel mercato interno (“Direttiva e-Commerce”).
Regolamento (UE) 2022/2065 (“Digital Services Act” – DSA), entrato pienamente in vigore il 17 febbraio 2024, che disciplina obblighi rafforzati di trasparenza e responsabilità delle piattaforme online.
Normativa italiana:
D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70: Attuazione della Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico.
Codice Civile, art. 2043: responsabilità extracontrattuale per fatto illecito (danno ingiusto).
Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003), come modificato dal D.Lgs. 101/2018 e dal GDPR (Reg. UE 2016/679).
Principali sentenze:
CGUE, causa C-324/09, L’Oréal SA v. eBay International AG (2011): la Corte chiarisce i limiti della responsabilità degli hosting provider, specificando che il ruolo passivo esclude un obbligo generale di sorveglianza.
CGUE, cause riunite C-236/08, C-237/08, C-238/08, Google France SARL v. Louis Vuitton Malletier SA (2010): distinzione tra attività neutra di hosting e attività attiva di gestione dei contenuti.
CGUE, causa C-70/10, Scarlet Extended SA v. SABAM (2011): viene escluso l’obbligo generale di filtrare preventivamente i contenuti degli utenti per gli hosting provider, a tutela della libertà di impresa e di espressione.
Fonti complementari:
CEDU, art. 8: tutela del diritto al rispetto della vita privata e familiare, richiamabile in caso di diffusione non autorizzata di contenuti sensibili.
GDPR, art. 17: “Diritto alla cancellazione” (diritto all’oblio) — riconosce all’interessato il diritto di ottenere la cancellazione dei dati personali, ma con limiti oggettivi quando i dati siano già stati divulgati.