Quando il debitore gioca d’anticipo: l’azione revocatoria e la tutela dei creditori
Immaginiamo questa situazione: un soggetto, consapevole di essere vicino a dover pagare un debito, vende a un parente o a un amico la propria casa, magari a un prezzo di favore, oppure la dona completamente. Poco dopo, quel soggetto diventa effettivamente debitore — e il creditore, nel tentativo di aggredire il patrimonio del debitore, scopre che non c’è più nulla da aggredire. Che fare in questi casi?A fornire uno strumento di tutela è l’azione revocatoria ordinaria, disciplinata dall’art. 2901 del codice civile.
Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:
1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.
Si tratta di un’azione giudiziale che consente al creditore di far dichiarare inefficace nei suoi confronti un atto compiuto dal debitore in danno della garanzia patrimoniale. In pratica, se l’azione ha successo, l’atto (che può essere una vendita, una donazione, una rinuncia a un diritto, e così via) viene “neutralizzato” rispetto al creditore, che torna a poter soddisfare il proprio credito sui beni oggetto dell’atto revocato.
Non tutti gli atti possono essere oggetto di azione revocatoria, e non in ogni circostanza.
Innanzitutto, è necessario che l’atto sia pregiudizievole per il creditore, cioè che determini un eventus damni — un peggioramento della possibilità di recuperare il credito. In secondo luogo, è richiesto un elemento soggettivo, che può variare a seconda che l’atto sia a titolo gratuito o oneroso. Nel primo caso, è sufficiente che il debitore fosse consapevole del danno arrecato; nel secondo, è necessario dimostrare anche che il terzo contraente fosse consapevole dell’intento fraudolento del debitore.
L’azione revocatoria ha inoltre dei limiti temporali precisi: il creditore ha cinque anni di tempo, dalla data dell’atto, per proporre l’azione. Questo termine di prescrizione è tassativo e non può essere interrotto o sospeso.
Dal punto di vista probatorio, chi propone l’azione deve fornire una prova articolata: deve dimostrare l’esistenza del proprio credito, anche se eventuale o futuro (purché determinabile), l’effettivo pregiudizio subito a causa dell’atto impugnato e, nei casi più complessi — come vedremo — anche la consapevolezza fraudolenta del debitore e del terzo.
Su questi ultimi aspetti — cioè sul “quando” un atto possa dirsi davvero preordinato a danneggiare i creditori — si è sviluppata negli anni una vivace giurisprudenza, ultima delle quali è la
Sentenza delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, la n. 1898 del 27 gennaio 2025.
L’azione revocatoria ordinaria e l’atto dispositivo anteriore al credito: le Sezioni Unite delineano i confini del dolo specifico (Cass. civ., Sez. Un., 27 gennaio 2025, n. 1898)
Con la pronuncia n. 1898 del 27 gennaio 2025, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione tornano ad affrontare, con l’intento dichiarato di comporre un contrasto giurisprudenziale, una questione centrale nella teoria dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901, comma 1, n. 1, c.c.: la configurabilità della “dolosa preordinazione” in relazione ad atti di disposizione patrimoniale compiuti anteriormente al sorgere del credito.
La fattispecie: atto anteriore, credito futuro
La vicenda oggetto della pronuncia riguarda un’azione revocatoria proposta da un creditore il cui titolo è sorto in epoca successiva rispetto alla data di un atto dispositivo (a titolo oneroso) posto in essere dal debitore. La Corte d’Appello di Roma aveva rigettato l’azione, ritenendo insussistente l’elemento soggettivo del consilium fraudis (l’intenzione fraudolenta del debitore di danneggiare i creditori, pregiudicando la loro possibilità di soddisfare i propri crediti) sul presupposto che il credito fosse solo eventuale al momento dell’atto.
L’impugnazione, pervenuta fino alle Sezioni Unite, imponeva la ricostruzione sistematica del presupposto psicologico richiesto dall’art. 2901 c.c. nel caso di atti anteriori al credito.
Revocazione per Violazione della CEDU
Il punto di diritto: il significato di “dolosa preordinazione”
L’art. 2901, comma 1, n. 1, c.c., consente l’esercizio dell’azione revocatoria anche da parte di creditori i cui crediti sorgano successivamente all’atto dispositivo, purché risulti la “dolosa preordinazione” dell’atto. La nozione, tradizionalmente controversa, è stata oggetto di differenti letture in giurisprudenza.
Le Sezioni Unite chiariscono che non è sufficiente il dolo generico, ossia la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio a eventuali creditori futuri, bensì è necessario il dolo specifico: l’atto dispositivo deve essere funzionalmente diretto a pregiudicare il creditore che sorgerà, ovvero ad anticipare un assetto patrimoniale idoneo a frustrare l’azione esecutiva relativa a quel futuro credito.
Il dolo specifico si concretizza dunque in una finalità di elusione preventiva, da valutarsi sulla base di un giudizio ex ante circa la prevedibilità del sorgere del debito e la consapevole alterazione, da parte del debitore, delle proprie garanzie patrimoniali.
L’ulteriore condizione per l’atto oneroso: la conoscenza del terzo
In caso di atto a titolo oneroso, le Sezioni Unite ribadiscono la necessità che il terzo acquirente o beneficiario fosse consapevole dell’intento fraudolento perseguito dal debitore, non potendo il mero sospetto o la conoscibilità astratta surrogare tale elemento. La conoscenza deve riferirsi specificamente all’intento di sottrazione del patrimonio rispetto al credito futuro.
È un’impostazione coerente con il principio di tutela dell’affidamento nei traffici giuridici, e con il bilanciamento tra l’interesse del creditore alla conservazione della garanzia patrimoniale e la libertà di circolazione dei beni.
Il contrasto giurisprudenziale risolto
La sentenza si pone in consapevole dissenso con orientamenti precedenti, tra cui Cass. n. 5812/2023, n. 25687/2023 e n. 24757/2008, che tendevano a valorizzare una concezione più ampia del consilium fraudis, in alcuni casi ammettendo la revocatoria in presenza del solo dolo generico.
Al contrario, le Sezioni Unite si pongono in linea con Cass. n. 16092/2023, affermando un principio più rigoroso, che subordina l’esperibilità dell’azione revocatoria alla prova di un comportamento finalisticamente preordinato alla frustrazione delle ragioni creditorie, in un momento in cui il credito non era ancora attuale, ma solo eventuale o potenziale.
Considerazioni sistematiche
La sentenza n. 1898/2025 rappresenta una tappa fondamentale nella ricostruzione dell’equilibrio tra certezza del diritto e tutela dei creditori. L’introduzione di uno standard probatorio più elevato in caso di atto anteriore al credito contribuisce a evitare il rischio di un’indebita espansione dell’azione revocatoria, salvaguardando la buona fede nei rapporti negoziali.
Tuttavia, essa impone anche un onere probatorio gravoso per il creditore, che dovrà dimostrare non solo la consapevolezza del debitore, ma anche la finalità elusiva specifica e la consapevolezza del terzo, rischiando di restringere lo spazio operativo della tutela ex art. 2901 c.c.
La decisione delle Sezioni Unite chiarisce bene il significato della “dolosa preordinazione” in caso di atti anteriori al credito, ma riafferma l’esigenza di una ricostruzione rigorosa degli elementi soggettivi richiesti, in funzione di un equilibrio tra l’interesse dei creditori e la stabilità dei traffici giuridici.
L’interpretazione accolta sembra destinata a costituire, da oggi, il nuovo parametro per l’analisi della legittimità degli atti di disposizione patrimoniale compiuti dal debitore in un orizzonte temporalmente anteriore rispetto all’insorgenza dell’obbligazione.
L’Abuso del Diritto e l’Abuso del Processo