La Corte costituzionale ha segnato un passaggio fondamentale nel delicato equilibrio tra tutela della salute mentale e salvaguardia delle libertà fondamentali. Con la sentenza n. 88 del 5 maggio 2025, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune previsioni dell’art. 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (la cosiddetta legge Basaglia), laddove non garantiscono adeguatamente il diritto della persona sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio (TSO) di conoscere il provvedimento che la riguarda e di essere ascoltata dal giudice tutelare prima della sua convalida. La corte ha riportato al centro la persona, l’urgenza, la necessità, non possono comprimere i diritti costituzionali.
Una libertà fragile: il TSO tra urgenza e garanzie
Il trattamento sanitario obbligatorio è, per definizione, una misura straordinaria, un’eccezione alla regola del consenso informato che permea il diritto alla salute. Previsto dall’art. 34 della legge n. 833/1978, può essere disposto in casi di grave alterazione psichica che renda necessario un intervento urgente e che sia rifiutato dalla persona interessata. È il sindaco – autorità sanitaria locale – a firmare il provvedimento, ma esso deve essere convalidato dal giudice tutelare entro quarantotto ore, ai sensi dell’art. 35, comma 2, della stessa legge.
Proprio questo snodo – la convalida giudiziaria – era, fino a oggi, il punto critico della procedura. Il giudice, ricevuto il provvedimento e le relazioni mediche, poteva procedere alla convalida senza sentire personalmente il soggetto interessato. Una prassi che, come denunciato da anni da dottrina, organismi internazionali e autorità nazionali di garanzia, rischiava di trasformare un controllo giurisdizionale in un atto meramente formale e cartolare.
Un atto formale e cartolare su una misura coattiva.
Infatti allorché un trattamento sia configurato dalla legge non soltanto come obbligatorio, e dunque rimesso alla spontanea esecuzione, ma come coattivo, potendo il destinatario esservi assoggettato con la forza, le garanzie dell’art. 32, secondo comma, Cost. si aggiungono a quelle dell’art. 13 Cost., che tutela la libertà personale. Incide, infatti, sulla libertà personale ogni misura che comporti una coazione fisica della persona, salvo che la restrizione della libertà di disporre del proprio corpo abbia carattere momentaneo e del tutto trascurabile (sentenze n. 203 del 2024, n. 205, n. 127 e n. 22 del 2022, n. 275 del 2017, n. 222 del 2004, n. 105 del 2001 e n. 419 del 1994). Tra le misure restrittive della libertà personale questa Corte ha annoverato anche ogni trattamento medico suscettibile di essere eseguito con la forza nei confronti del paziente, ritenendolo per ciò stesso qualificabile non solo come obbligatorio ai sensi dell’art. 32, secondo comma, Cost., ma anche come coattivo ai sensi dell’art. 13 Cost. (sentenze n. 203 e n. 135 del 2024, n. 22 del 2022 e n. 238 del 1996).
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Il caso e la questione di legittimità
A sollevare la questione è stato il Tribunale che, trovandosi a convalidare un TSO in assenza di audizione della persona coinvolta, ha ravvisato un potenziale vulnus ai diritti di difesa e al contraddittorio. La Corte costituzionale è stata così chiamata a valutare se la disciplina vigente fosse compatibile con gli articoli 13, 24, 32 e 111 della Costituzione.
La decisione della Corte: una svolta garantista
La sentenza n. 88/2025 rappresenta un cambio di passo netto. La Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 35 della legge n. 833/1978:
- nella parte in cui non prevede che il provvedimento sindacale debba essere comunicato alla persona interessata o al suo legale rappresentante (comma 1);
- nella parte in cui non prevede l’obbligo per il giudice tutelare di sentire la persona prima della convalida (comma 2);
- nella parte in cui non prevede la notificazione alla persona del decreto di convalida (comma 2);
- in via consequenziale, nella parte in cui non prevede la comunicazione alla persona della proroga del TSO (comma 4).
L’audizione: presidio giurisdizionale minimo
Al centro della pronuncia sta il riconoscimento della funzione irrinunciabile dell’audizione del soggetto sottoposto a TSO. La Corte chiarisce che tale audizione è parte integrante dello statuto costituzionale della libertà personale, ai sensi degli articoli 13, 24 e 111 Cost. Costituisce garanzia del rispetto della dignità della persona (art. 32, secondo comma, Cost.) e del divieto di violenza morale e fisica su chi è soggetto a limitazioni della libertà (art. 13, quarto comma, Cost.). Ed, inoltre, permette una valutazione più completa e umana della situazione concreta, includendo elementi spesso non emergenti dalla sola documentazione medica, come l’esistenza di una rete familiare o di supporto.
Non meno importante è l’apertura a provvedimenti di protezione ulteriori: grazie all’audizione, il giudice potrà meglio valutare la necessità di nominare un amministratore di sostegno provvisorio ex art. 405 c.c., o adottare altre misure, come previsto dall’art. 35, sesto comma, della legge n. 833/1978.
Molto spesso il TSO viene percepito come uno strumento a tutela della società. Tuttavia la Corte ha riportato il principio personalista al centro del dibattito. Nell’ottica dell’attuazione del disegno costituzionale relativo alla centralità della persona, i ricordati presupposti sostanziali del trattamento sanitario coattivo, previsti dagli artt. 33 e 34 della legge n. 833 del 1978, riflettono la finalità eminente cui il trattamento è indirizzato, ossia la tutela della salute del paziente stesso. La giurisprudenza di legittimità ha confermato questa impostazione, incentrata sul principio personalista, affermando che il trattamento sanitario coattivo in condizioni di degenza ospedaliera non è una misura di difesa sociale, ma deve essere necessariamente finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente stesso (Corte di cassazione, ordinanze n. 4000 del 2024 e n. 509 del 2023). L’art. 32 Cost., pertanto, costituisce insieme causa e limite del trattamento sanitario coattivo, che non trova giustificazione se non nella cura della persona interessata.
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E la collettività come si tutela?
Esiste la REMS. La Corte ha chiarito che i due istituti, trattamento sanitario coattivo e assegnazione alle REMS, hanno presupposti diversi, richiedendo soltanto la misura di sicurezza una manifestazione della pericolosità sociale nel compimento di fatti costituenti reato e una valutazione della pericolosità stessa anche in termini prognostici, a tutela della collettività. La «natura “ancipite”» della misura di sicurezza, la sua duplice «polarità», di cura e tutela dell’infermo e di contenimento della pericolosità sociale (sentenza n. 22 del 2022), difettano nel trattamento sanitario coattivo in degenza ospedaliera, che resta, invece, ispirato al principio personalista e finalizzato essenzialmente alla cura della persona.
Si deve, inoltre, precisare che il TSO può essere avanzato in moltissimi casi. Indi per cui vi sono innumerevoli ipotesi di zone grigie in cui residua una capacità d’intendere e decisionale che spesso non veniva minimamente considerata. Il trattamento sanitario coattivo, infatti, può intervenire nei casi più diversi, da quello di persone affette da una persistente infermità psichica, eventualmente già interdette, inabilitate o assistite da amministratore di sostegno, a quello di persone che solo occasionalmente si trovino in una condizione di alterazione, non infrequentemente dovuta a condizioni sociali di marginalizzazione e di abbandono. La giurisprudenza di legittimità ha dato atto di queste variabili, affermando che «nonostante, dal punto di vista normativo, un paziente sia considerato, secondo una visione dicotomica, capace oppure incapace, la realtà clinica suggerisce che possano esistere degli spazi di autonomia e libertà decisionale residui anche in pazienti sottoposti a TSO», osservando come nella prassi debbano operare approcci multidimensionali, volti alla valutazione caso per caso, nel singolo paziente, della capacità a prestare il consenso (Corte di cassazione, ordinanza n. 509 del 2023).
Il contesto europeo e le raccomandazioni disattese
La decisione non arriva nel vuoto. La Corte fa propri i rilievi contenuti nel rapporto del CPT (Comitato europeo per la prevenzione della tortura), pubblicato il 24 marzo 2023, che denunciava una pratica troppo “standardizzata” nell’applicazione dei TSO in Italia, priva di reali contraddittori e spesso segnata dall’assenza di informazioni adeguate fornite ai pazienti.
Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU), nella decisione Azenabor c. Italia dell’8 ottobre 2013 (sez. II), pur dichiarando il ricorso irricevibile per mancato esaurimento dei rimedi interni, aveva sottolineato che l’assenza di audizione del paziente e la mancata comunicazione del provvedimento riducono le garanzie procedurali previste dalla Convenzione.
Il confronto con altri procedimenti
La Corte costituzionale richiama anche il diritto alla partecipazione procedurale nei procedimenti civili di protezione: l’audizione è espressamente prevista sia per l’interdizione e l’inabilitazione (art. 419 c.c.), sia per la nomina dell’amministratore di sostegno (art. 407 c.c.). Giurisprudenza consolidata (tra le altre, Cass. civ., sez. I, ord. n. 32219/2023 e n. 1667/2023) ha riconosciuto il valore di questi obblighi come applicazione diretta della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con l. 18/2009).
Nessuna giustificazione dall’urgenza
Altra affermazione di principio rilevante: le esigenze di urgenza o celerità non possono giustificare la compressione delle garanzie fondamentali. La Corte richiama la propria giurisprudenza in materia di trattenimento degli stranieri presso i CPR (sent. n. 222/2004, n. 275/2017, n. 212/2023), per ribadire che la necessità di un controllo effettivo – e non meramente formale – sul provvedimento limitativo della libertà personale è ineludibile.
La pronuncia della Corte non si limita a censurare un vuoto normativo. Essa indica chiaramente una direzione di marcia: il trattamento sanitario obbligatorio deve uscire dalla zona grigia della prassi automatica per diventare, in ogni sua fase, un procedimento rispettoso della persona, della sua parola, della sua dignità.
Al legislatore resta ora il compito di dare attuazione piena al principio affermato dalla Corte, anche immaginando ulteriori strumenti di garanzia, come la nomina di un curatore speciale, da affiancare alla persona nel momento critico della restrizione. Ma una cosa è certa: da oggi, chi viene sottoposto a TSO non sarà più una “pratica da evadere”, ma un cittadino titolare di diritti da ascoltare.
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